Al MANN – Museo Archeologico Nazionale Napoli – è in corso la mostra “Honesta voluptas – il giardino di Axel Munthe, riportato alla luce da Jordi Mestre” (fino al 19 marzo 2023). L’esposizione, curata dalla nipote Katriona Munthe e da Michele Iodice, ripercorre la biografia del medico svedese Axel Munthe, appassionato di archeologia e natura, e legato a doppio filo alla Campania, dove elesse la sua residenza a Capri, in Villa San Michele.

Alla sua figura di ambientalista ante litteram, l’Associazione Premio GreenCare ha dedicato il libro della quinta edizione del GreenCare School. Il volume, che celebra la presenza della fauna nei giardini della Campania, si sofferma anche sull’impegno del medico svedese nella salvaguardia degli uccelli migratori con azioni tese soprattutto a proteggerli dal bracconaggio con reti.

Pubblichiamo un testo sul rapporto tra Munthe e l’Isola Azzurra scritto da Massimo Luigi Cesare, presidente del GreenCare Parco del Cilento, la cui sintesi è contenuta nel libro per le scuole “Alla scoperta della vita nei giardini della Campania” distribuito in 5mila copie. 

L’isola di Capri, fin dalle epoche più remote, ha esercitato un forte fascino su tutti coloro che l’hanno visitata. Oggi ci è nota per essere meta privilegiata di un turismo elitario ed esclusivo che ha sostituito, e in parte anche un po’ snaturato, il primigenio spirito di un’isola povera ma di bellezza struggente.

Scoscesi strapiombi di roccia candida che si tuffano in un mare di un blu denso e brillante unitamente ad una biodiversità che annovera anche specie tipicamente autoctone come la lucertola blu, detta dei faraglioni, dal caratteristico colore ceruleo: tutto ciò ha letteralmente ammaliato coloro che, giunti qui per la prima volta, hanno poi deciso di eleggere l’isola a propria stabile residenza.

Personaggi più o meno illustri hanno quindi legato il loro nome a quello di Capri, a partire dall’imperatore Tiberio il cui spettro è ancora molto vivo nelle leggende popolari della locale comunità. È, però, tra la fine del 1800 e il secondo ventennio del secolo successivo che sull’isola si insedia una comunità di origini perlopiù anglo-americane fatta di pittori, scrittori, letterati, artisti, professionisti o semplici cultori del bello che, in comune tra loro, hanno un amore viscerale per quella piccola Arcadia in cui hanno deciso di edificare le proprie abitazioni.

Axel Munthe è uno di loro, ancora giovanissimo quando intraprende il suo Grand Tour, il viaggio d’obbligo per i giovani della colta borghesia internazionale alla scoperta dei luoghi legati all’arte e al mito letterario dell’Italia meridionale. A Capri, lui, uomo del nord rimane rapito dal fascinoso bagliore dei luoghi e dalla semplice affabilità dei suoi umili abitanti. Vi ritornerà, anni dopo, divenuto nel frattempo valente ed apprezzato medico, luminare di riferimento di una ricca clientela internazionale, per prestare gratuitamente la sua opera in favore degli umili e degli indigenti dell’isola e non solo: assisterà come volontario le popolazioni flagellate dall’epidemia di colera di Napoli del 1884 e dal successivo terremoto di Messina.

Nel tempo libero, lavorando fianco a fianco con i manovali e un maestro muratore, senza un progetto prestabilito, dà vita al suo personale tempio della bellezza. Ribattezzerà la sua casa Villa S.Michele, da una cappella diruta, dedicata appunto  al santo, presente all’interno del lotto di terreno che aveva acquistato.

In posizione pedemontana ed invidiabilmente panoramica, la nuova costruzione riutilizza tutti gli antichi materiali, forse pertinenti ad una delle ville dell’imperatore Tiberio, venuti alla luce durante lo scavo delle fondamenta. Pochi luminosi ambienti costituiscono la dimora che è però allietata dalla presenza di ampi porticati e pergolati esterni, assecondando la teoria per cui l’anima ha bisogno di spazi molto più ampi di quelli riservati al corpo. Il giovane medico cura personalmente anche l’allestimento delle specie vegetali e fa piantare, fra gli altri, un sentiero di cipressi, come quelli che aveva potuto ammirare a villa d’Este, lungo il sentiero che collega l’abitazione alla cappella, nel frattempo restaurata ed adibita a biblioteca.

Spetterà poi ad un nutrito gruppo di conviventi a quattro zampe rallegrare le giornate del medico svedese; dotato di un senso di intuizione non comune e di una straordinaria sensibilità, riesce infatti a calamitare la fiducia di ogni essere vivente, non solo dell’umana specie: un folto numero di cani, una mangusta, un babbuino e una civetta saranno i protagonisti di divertenti aneddoti legati ai vari ambienti della dimora.

Il consueto spulcio mattutino dei vari cani nel cortile di casa ad opera del babbuino Billy, le sue malefatte compiute in stato di ubriachezza a danno dei malcapitati passanti al di sotto della terrazza, o le liti coi cani sedate al sopraggiungere della temuta mangusta ancora oggi sembrano riecheggiare negli ambienti della villa, facendocela sembrare ancora abitata dai suoi mitici ospiti.

Tra questi, è la civetta a sorprendere il padrone di casa con manifestazioni di un affetto sincero e profondo: assiste infatti in religioso silenzio alle visite mediche che il padrone effettua ai suoi pazienti e solo a fine giornata, quando comprende di non essere di disturbo, lo guarda con sguardo amorevole e penetrante, dilatando le pupille e ricevendone in cambio una carezza. Non sarà certo l’unico volatile di cui si prenderà cura Axel Munte anzi sarà il primo a battersi per porre fine alla spietata caccia alle quaglie praticata in particolare sulla vetta del monte Solaro ad Anacapri e preziosa fonte di reddito per gli indigenti isolani.

Nei cambi di stagione, infatti, i piccoli volatili vi sostavano in folti stormi per ritemprarsi dalle fatiche di un lungo viaggio e cadevano preda delle insidiose reti dei pescatori per essere poi ingabbiati e venduti ai lussuosi ristoranti parigini.  Ci riesce dopo molti sforzi, con l’estrema ma efficace soluzione di acquistare tutto il lotto di terreno intorno al cosiddetto castello di Barbarossa, luogo privilegiato della caccia.

Con l’avanzare dell’età, però, le condizioni di salute dello svedese peggiorano e, a causa di una malattia agli occhi che è acuita dalla forte intensità luminosa, è costretto, suo malgrado, ad abbandonare villa S.Michele per trovare conforto negli ambienti più bui della Torre Materita sempre ad Anacapri.

A quest’epoca risale il ritratto che ne traccia Curzio Malaparte nelle prime pagine del suo libro Kaputt, a seguito di un incontro avvenuto proprio nella nuova dimora anacaprese: «Quel giorno Munthe appariva sereno: e a un certo punto si mise a parlarmi degli uccelli di Capri. Ogni sera, verso il tramonto, egli esce dalla sua torre, s’inoltra a passi lenti e cauti fra gli alberi del parco, col suo mantellaccio verde sulle spalle, il suo cappelluccio buttato di traverso sui capelli arruffati, gli occhi nascosti dietro gli occhiali neri, finché giunge in un luogo, dove gli alberi più radi fan come uno specchio di ciel nell’erba: là si ferma e diritto, magro, legnoso, simile a un antico tronco scarnito e inaridito dal sole, dal gelo, e dalle tempeste, un riso felice acquattato fra il pelo della sua barbetta di vecchio fauno, aspetta: e gli uccelli volano a lui a frotte, cinguettando affettuosi, gli si posano sulle spalle, sulle braccia, sul cappello, gli beccano il naso, le labbra, gli orecchi. Munthe rimane così, diritto, immobile, a discorrere con i suoi piccoli amici nel dolce dialetto caprese, finché il sole tramonta, si tuffa nel mare azzurro e verde, e gli uccelli volano via al loro nido, tutti insieme, con un alto trillo di saluto».

È proprio durante questo ultimo, buio periodo della sua vita che Munthe, nelle sempre più frequenti notti trascorse da insonne, si dedica alla stesura del libro “La storia di S. Michele”, prezioso scrigno dal quale sono tratti tutti i particolari della sua vita di medico, ambientalista, soccorritore dell’umanità dolente e protettore degli animali.

Non è un caso che nelle ultime pagine del romanzo, immaginando la scena del suo trapassare alle porte del paradiso, accompagnato come sempre dai suoi amati cani, riesca a ricevere il lasciapassare per la luce eterna grazie all’intercessione di un “potente” dei cieli. Ci aveva provato a farlo entrare San Rocco, protettore dei migliori amici dell’uomo, ma senza successo. Sarà solo grazie all’intercessione dei folti stormi di uccellini, in favore dei quali si era battuto in vita, che San Francesco aprirà il sentiero della vita eterna al nostro Axel, un santo laico del secolo scorso, artefice di un panismo al quale noi uomini del XXI secolo possiamo solo guardare con ammirazione.

Le immagini sono di Federica Palmer.