La filosofia insegna, fin dall’originario significato del giardino quale grembo della vita, ad agire nel rispetto del nostro pianeta: in definitiva di noi stessi. È un pensiero rivolto al futuro, ancorato al mito eterno di una figura vitale, immagine del paradiso possibile dove tornare al dialogo con la natura in una visione unitaria dell’esistenza. Questa filosofia è di urgente attualità per combattere la povertà del mondo e curare le terre dove abitiamo, difendendole dall’aggressività liberista, per salvare, con il mito eterno, la nostra vita. Come operare per trasformare il mondo in un giardino? È la metafora poco indagata del buon luogo, offuscata dalla moderna contrapposizione fra uomo e natura; essa recupera – nella prospettiva di un mondo accogliente – la visione olistica della natura quale totalità di uomini, animali, vegetali e minerali; lí dove agisce l’etica della responsabilità contro il deterioramento del nostro pianeta, unico e irripetibile.

Il filosofo Massimo Venturi Ferriolo con Oltre il giardino ci dona un’etica per il domani che punta sulle aree verdi per il nostro benessere fisico ma anche per la nostra capacità di immaginare e desiderare e pertanto: vivere.
Einaudi  – Vele
Aprile 2019
pagine 136
€ 12,00
Di seguito pubblichiamo un estratto dal primo capitolo 

#trasformareingiardinoilmondo

La filosofia insegna, fin dall’originario signi- ficato semantico del giardino quale grembo della vita, ad agire nel rispetto dei nostri luoghi, del nostro intero pianeta: in definitiva di noi stessi. È un pensiero rivolto al futuro, ben ancora- to al mito eterno di una figura vitale, immagine dell’elisio possibile dove tornare al dialogo con la terra, gli alberi, le acque, le pietre e gli animali in una visione unitaria, senza fratture, dell’esistenza. Questa filosofia è attuale per combattere la povertà del mondo e curare le terre dove abitiamo, difendendole dall’aggressività liberista, per salvare, con il mito eterno, la nostra vita. La metafora del giardino con la sua ampia prospettiva indica come operare per trasformare il mondo in un giardino.

Il giardino è in realtà la metafora poco indagata del buon luogo, offuscata dalla moderna contrapposizione cartesiana fra uomo e natura, da recuperare nella prospettiva di un mondo migliore, accogliente, con la visione olistica della natura quale totalità di uomini, animali, vegetali e minerali, dove agisce l’etica della responsabilità contro il deterioramento del nostro pianeta, unico e irriproducibile.

L’antichissima idea della Natura, visibile e invisibile, ha attraversato il mondo mediterraneo, con la figura divina di Iside, fonte di riverente stupore per il suo aspetto idilliaco foriero di fecondità e fertilità. È principio della luce e della vita da cui parte ogni reminiscenza del giardino. Dal suo grembo si sviluppa la figura del paradiso quale luogo ameno simbolo di vita e di accoglienza, dove si può tornare dopo un’esistenza condotta secondo le buone regole di comportamento. Quest’immagine apre una narrazione eterna, mitica – con i suoi diversi racconti che attraverseremo –, portatrice di un messaggio rivolto al ritorno alla terra, alla sua cura e conservazione: al rientro nella Natura per una buona vita.

Il ricordo di un’età dell’oro, quando gli uomini avevano tutte le cose belle e la terra feconda offriva i frutti in gran copia, spontaneamente, senza risparmio, esalta la figura di una madre generosa, da rispettare, prossima alla nostalgia del cosmo divino, quando uomini, dèi, animali, pietre e piante dialogavano tra di loro. Sono i presupposti luoghi dell’origine, quadri di un’e- sistenza senza dolori che alimenterà l’immagine di un beato ritorno nei giardini elisi dopo la vita.

Questo ambiente sacro scomparve con la morte del grande Pan, quando le componenti naturali persero la loro consistenza divina e le pietre divennero pietre, gli alberi, alberi, come testi- moniato dal Tramonto degli oracoli di Plutarco. Rimane il timore del mysterium tremendum et fa- scinans, della maestosa presenza invisibile e visi- bile, potente, che ispira terrore e attira: l’espe- rienza costitutiva del sentimento extrarazionale originario del sacro. La Natura si manifesta nel- la sua ambivalenza del tremendum, il terribile, il sublime, il maestoso, ma anche del fascinosum, l’incantevole e l’affascinante.

La terra su cui l’uomo cammina è una dea, Terra Madre nutrice di tutti gli esseri, dai molti nomi e aspetti del principio femminile di ogni forma di generazione, cioè la Physis, il giardino planetario dove cresce ogni forma di vita. Iside, secondo la dottrina platonica, è «nutrice e ricettacolo comune» e possiede molti nomi perché «volge e rivolge se stessa accogliendo in sé ogni forma e ogni idea»1. La dea è l’emblema della terra dove tutto nasce e fiorisce, dalle essenze a ogni creazione umana.

Questi presupposti aprono la filosofia del giardino come antidoto ai veleni del nostro tempo e supportano un’etica per domani, per coltivare un mondo trasformato dove l’uomo è ricongiunto alla Natura, a sua madre. Un mondo libero dall’ossessione dello sviluppo, che sia sostenibile o no, un cosmo liberato dalla bellezza, esonerato da ogni dogmatica rigidità cartesiana per essere abitato poeticamente con l’antica azione rispettosa. Per questo il giardino ci riserva sempre una grande lezione veramente «teatrale».

1 Plutarco, Iside e Osiride e Dialoghi delfici, a cura di V. Cilento, Bompiani, Milano 2002, p. 99.