Rubrica Di Verde in Verde: Camminare in giardino con empatia, curiosità e lentezza.

di Addolorata Ines Peduto, Presidente GreenCare Caserta

Il chiostro dell’ex monastero di Santa Sofia

Continuiamo il nostro viaggio del mese di maggio alla ricerca delle rose nei giardini. Oggi vorrei condurvi nel Chiostro del Complesso monastico di Santa Sofia in Benevento.

Visitato qualche anno fa, ricordo ancora le rose bianche con il loro candore luminoso quasi abbagliante (in foto) che lo arricchivano. Il complesso monastico con la chiesa, il campanile, la fontana e l’ex monastero con il suo chiostro è stato inserito nella Lista dei Beni  Patrimonio dell’Umanità nel 2011. Il Museo del Sannio è ospitato all’interno dell’ex monastero e vi invito a visitarlo perché al suo interno raccoglie interessanti reperti archeologici, alcuni provenienti dall’antico Egitto. Il complesso si sviluppò intorno alla chiesa dedicata a Santa Sofia voluta dal duca longobardo Arechi II per ospitare le reliquie dei santi protettori del popolo longobardo nell’VIII secolo. Più tardi lo stesso Duca vi incluse anche un monastero femminile di ordine benedettino. Nel tempo il monastero ospitò solo monaci conquistando una sua autonomia dall’abbazia di Montecassino. Danneggiato dal terremoto del 986 fu ricostruito nel XII secolo.

I chiostri dei monasteri medievali erano luoghi dove i monaci potevano ritrovare l’immagine dell’Eden, il Paradiso perduto. Il sostantivo chiostro deriva dal latino claustrum, luogo chiuso. Nel medioevo le mura dei complessi monastici separavano la terra selvaggia dalla terra coltivata al loro interno con orti, erbe officinali e frutteti. Il chiostro era in genere di forma quadrata e diviso in quattro parti da vialetti che nell’attraversarlo ortogonalmente formavano una croce, al centro della quale sorgeva una fontana o un albero. Qui i monaci meditavano, pregavano, leggevano per avvicinarsi a Dio. Anche il chiostro di Santa Sofia si presenta diviso in quattro parti uguali, con il numero quattro che evoca i quattro fiumi del Paradiso, le quattro virtù cardinali ed i quattro evangelisti. Al centro un magnifico capitello incavato funge da pozzo.

L’acqua del pozzo è simbolo di purificazione e rinnovamento dello spirito insieme alla sua specifica utilità per il giardino. Un magnifico porticato lo circonda abbellito da ben 47 colonne di granito, calcare ed alabastro, dove si integrano architettura moresca e romanica. I capitelli ed i pulvini, che sono collocati tra i capitelli e le imposte degli archi, sono particolarissimi con immagini che rappresentano foglie, animali, lavori dei campi, figure umane ed allegoriche. Tra le colonne ce n’è una ofitica o annodata (in foto) dal greco òphys, serpente, che rappresenta la doppia natura umana e divina di Cristo. Nel medioevo le rose erano coltivate nei monasteri per le loro proprietà terapeutiche insieme alle piante officinali. Le specie più diffuse erano la Rosa canina, la Rosa damascena e la Rosa gallica.

Le foglie ed i frutti di quest’ultima erano molto apprezzati per le loro proprietà astringenti e diuretiche. Le rose non sono piante molto esigenti e riescono a svilupparsi anche in condizioni poco favorevoli. È importante che abbiano un terreno ricco di materia organica e ben drenato. Un consiglio: il terreno dove abbiamo scelto di piantare una rosa deve però essere vergine alla piantumazione di rose perchè le loro radici rilasciano tossine che impediscono ad una nuovo rosaio di crescere. Se vogliamo piantare un rosaio in un luogo dove precedentemente c’erano rose vi consiglio di cambiare il terreno andando in profondità per almeno 30 cm, di arricchirlo di sostanza organica e lavorarlo per bene, aggiungendo terreno universale bilanciato e sabbia. Ricordate che le rose hanno bisogno di sole per almeno 6 ore al giorno, una posizione a sud riparata dal vento.