Pasquetta al bosco con il pallone è una tradizione così consolidata che a sottolineare quanto ci manca può sembrare un luogo comune. Ma non è così.

Da sempre il gioco del calcio ha unito ceti differenti, trasferendo assieme alle regole del gioco un senso di comunità, alimentato sui campetti delle diverse società sportive ed in maniera spontanea anche nei luoghi più impensati.

A Napoli si gioca a calcio nell0 spiazzo innanzi al Duomo con la benedizione di San Gennaro, nelle Gallerie Umberto e Principe di Napoli, a piazza del Plebiscito con una delle porte posizionata tra le statue dei Re di Napoli. E si gioca in Villa Comunale, nell’ultimo tratto verso piazza della Repubblica, sotto la statuta dedicata a Sigismund Thalberg, compositore e padre della Scuola pianistica napoletana.

Gioco del calcio e luoghi di interesse storico-artistico a Napoli vanno a braccetto, segno che i giovani sono assetati di luoghi in cui praticare lo sport d’eccellenza per Napoli che è appunto il calcio. 

Il Real Bosco di Capodimonte, prima della gestione di Sylvain Bellenger, era uno dei terreni di gioco più ambito per dimensione e bellezza. Così che tutta l’area davanti al Museo aveva un prato completamente compromesso e tale da essere proprio un gran brutto biglietto di presentazione per l’accesso ad una delle pinacoteche tra le più importanti del mondo.

Ma il francese Sylvain Bellenger, più napoletano di un napoletano nella comprensione di alcune dinamiche nostrane, non si è avvilito ed ha pensato bene di valorizzare la presenza dei giocatori di calcio a Capodimonte, vivendola come una opportunità di presenze giovani e dinamiche nel giardino storico, ed ha offerto loro, sin dai primi mesi della sua direzione, un’area dedicata e lontana dai luoghi più istituzionali, legati alle attività museali. Regole precise alle quali i ragazzini si sono da subito allineati, anche vagamente increduli che si fosse pensato a loro, in una città a volte così respingente verso le intemperanze della gioventù.

Da allora il Museo e Real Bosco di Capodimonte si è adoperato affinchè il gioco del calcio fosse svolto in maniera sempre più consona al luogo, accogliendo con entusiasmo il dono di un primo campetto di calcio (il secondo è in fase di realizzazione) ad opera di un gruppo di Associazioni sostenute da sponsor. Una grande cordata che ha legato al luogo tantissime persone che con le loro donazioni hanno permesso l’introduzione nel parco di un primo tassello di inclusione sociale altamente simbolico.

Un parco così vicino alla Sanità e cerniera di bellezza tra il centro e la periferia ma anche un luogo neutrale e per questo sentito come luogo di tutti. Chi si occupa di riqualificazione urbana potrebbe, ed a ragione, definire il Real Bosco di Capodimonte un rammendo ad una ferita, quella che si apre tra la città e la “corona di spine” della periferia.

Noi di Premio GreenCare diciamo che è una grande opportunità ed una grande sfida sociale questo parco storico e pubblico perchè un luogo ad accesso gratuito e democratico, e tale da includere gli entusiasmi, in apparenza ingovernabili, della gioventù più fragile; offrire una panchina alla solitudine degli anziani; prestarsi come palestra per ogni categoria di sportivi; includere lo straniero – la bellezza non ha bisogno di essere tradotta – ed anche le persone con diversa mobilità perchè qui una carrozzella la spingi senza incontrare barriere.

Un laboratorio a cielo aperto di inclusione alleata a buone pratiche green per nuovi stili di vita che guardano al futuro con fiducia e con un grande senso di responsabilità. Ancora più necessario per la fase post coronavirus.

E’ giusto ricordare che questo dono ha visto protagonisti l’Associazione Amici di Capodimonte onlus, noi di Premio GreenCare, l’Associazione Chicco d’Amore, le aziende Ferrarelle Spa, Russo di Casandrino Spa, Euphorbia Spa, Pasta Armando, Cupiello/Fresystem, Annamaria Alois San Leucio, Gay Odin, assieme a 500 benefattori che hanno messo a disposizione fondi in un evento svoltosi all’Antico Cellaio all’interno del Real Bosco.