La candidatura di Procida a Capitale Italiana della Cultura 2022 ci spinge oggi a narrarvi una magnifica avventura green che ha visto il riscatto di un’area verde degradata, notizia andata un poco in sordina perchè accaduta in questo anno consegnato all’emergenza sanitaria.

Lo scorso luglio 2020, dopo un lavoro certosino che ha visto coinvolti gli Amministratori pubblici procidani, tantissimi volontari, con il supporto di un finanziamento della Città Metropolitana di Napoli, è stato restituito al decoro ed alla bellezza un giardino di 5 mila metri quadrati, liberato dai rovi, con vista privilegiata sulla spiaggia dell’Asino.

“Il Giardino sul mare dell’incanto” è così divenuto in un attimo il primo grande parco pubblico dell’isola con accesso libero dalle 9.30 alle 20.00. Le persone sono invitate a frequentarlo portando con sé una stuoia, una sedia, a stendersi al sole, fare un pic nic, frequentarlo con i bambini, lasciandosi affascinare dalle parole di Elsa Morante e Alphonse de Lamartine, cantori di un’isola d’antan che ancora vive.

L’area è stata oggetto di un grande lavoro di nuove piantumazioni: sono state messe a dimora essenze ed alberi della flora mediterranea. Il sogno oggi è un finanziamento, già peraltro richiesto, per un’area giochi attrezzata per i bambini. 

Quest’area verde faceva parte del Palazzo D’Avalos (Carlo di Borbone ne fece un suo Palazzo Reale per le battute di caccia ai fagiani), poi divenuto Casa Penale di Procida (ad opera di Ferdinando II): un “tenimento agricolo” con una superficie di terra di circa ventimila metri quadrati, coltivata dagli stessi detenuti. Il fondo, situato all’esterno del carcere e confinante con i quartieri della Schianata e della Vigna, produceva frutta ed ortaggi di ogni tipo, che venivano venduti due volte a settimana all’esterno della struttura carceraria. Nel tenimento, i detenuti allevavano anche bovini, suini, ovini, pollame e conigli, la cui carne veniva commercializzata  assieme al latte vaccino. Coloro che lavoravano nel tenimento erano considerati ‘uomini liberi’ dagli altri detenuti, perché potevano lavorare all’aria aperta, senza catene, e d’estate potevano fare il bagno nella spiaggia dell’Asino, sotto stretta sorveglianza delle Guardie Penitenziarie.

Ancora oggi dal tenimento agricolo, attraversando una porta nel muro dell’ottocentesco palazzo, si arriva al belvedere della spiaggia dell’Asino. Questa insenatura naturale, un tempo unico porto dell’isola, consentiva l’accesso al borgo di Terra Murata, attraverso una scala su archi rampanti, oggi crollata ma visibile in molti documenti iconografici di epoca borbonica. Il nome ‘spiaggia dell’Asino’ deriva, probabilmente, dall’ampio utilizzo che veniva fatto di questi animali da soma per trasportare le merci dal porto al centro abitato dell’isola.

Ringraziamo il vice sindaco ed assessore all’Ambiente ed Ecologia del Comune di Procida Titta Lubrano con il consigliere comunale Luigi Primario, con delega alla Rigenerazione urbana, per averci facilitato il recupero delle informazioni necessarie alla stesura dell’articolo e Gabriele Scotto di Fasano, Luigi Primario e Pasquale Raicaldo per le fotografie.