Dopo la pausa estiva riprende la Rubrica Di Verde in Verde: Camminare in giardino con empatia, curiosità e lentezza, curata da Addolorata Ines Peduto, Presidente GreenCare Caserta. 

Oggi andiamo alla scoperta del Opuntia ficus-indica, comunemente chiamato Fico d’India 

Tornare dalle vacanze e scoprire in un angolo della città di Caserta una pianta dei luoghi assolati e aridi della nostra penisola è fantastico. Sembra per un attimo di ritornare nelle campagne del Sud Italia che si affacciano sulle coste del Mar Mediterraneo o nelle nostre splendide isole che lo popolano. Come potete vedere in foto la specie ritrovata in città è l’Opuntia ficus-indica chiamata comunemente Fico d’India. Sul suo nome scientifico si discusse molto in passato dopo che il medico e botanico svedese C. Linneo, padre della classificazione binomiale, propose Cactus ficus-indica, binomio poi modificato dal botanico inglese P. Miller in Opuntia ficus-indica facendo entrambi riferimento nella specie alle Indie Occidentali. Il termine del genere Opuntia deriva dalla città greca di Opus dove nei tempi antichi crescevano piante spinose, i cardi.

In realtà questo arbusto appartenente alla famiglia delle Cactaceae è originario del Messico. Chiamato Nopal ed i frutti Nopales dagli Aztechi, popolo precolombiano dell’America Centrale, che lo consideravano una pianta sacra, fu portato in Europa nel XV secolo dalle spedizioni di Cristoforo Colombo insieme a tantissime altre piante e tra queste la patata, il pomodoro, il mais, il cacao, il peperone, la zucca, il fagiolo, il peperoncino, il tabacco e gli ananas, frutti deliziosi e molto ricercati dalle antiche mense reali. Alcune di queste piante diventeranno molto importanti per l’alimentazione dei popoli europei, come ad esempio in Irlanda, dopo la carestia del 1663 quando la popolazione scoprì la bontà dei tuberi della patata.

In Campania i nomi dialettali del Fico d’India sono Ficurinia o Figurine, Figu d’India, Ficundiano, Ficarazzi, Ficorònia.

Questo arbusto ha i rami trasformati in pale appiattite chiamati cladodi. Le pale portano sulla superficie delle areole che possono presentare una o due spine corte e giallastre. Le radici sono piccole ma molto resistenti e le foglie, lunghe appena 3 mm, sono inserite nelle areole e destinate a cadere presto. I fiori, dai petali gialli, sono inseriti nella parte superiore delle pale ed i frutti presentano una superficie munita di spine come le pale. I frutti, presenti sulla pianta da giugno a settembre, sono inizialmente di colore verde poi a maturità di colore giallo o rossastro e contengono numerosi semi. Le spine, quasi invisibili, presenti sulla superficie del frutti costringono i consumatori a maneggiarli con cura e ad immergerli in acqua tiepida per quaranta minuti circa prima di consumarli  così che le spine possano essere eliminate facilmente. Se si hanno a disposizioni frutti raccolti direttamente dalla pale è facile trovare in rete numerosi consigli per eliminare le spine e ripulirli dalla buccia spessa. Essi sono molto ricchi di vitamina C, potassio e magnesio e sono dissetanti e rinfrescanti. Inoltre sono utilizzati anche per l’alimentazione degli animali.

In Sicilia l’Opuntia ficus-indica viene comunemente chiamata Ficudinnia e viene utilizzata come pianta iniziale per la coltivazione di terreni incolti dove riesce facilmente a farsi strada. Il Fico d’India è diventato predominante nel paesaggio siciliano caratterizzandolo fortemente. I siciliani usano eliminare la prima fioritura per ottenere una seconda fioritura con frutti meno numerosi ma più grandi. Questi frutti, chiamati bastardoni, maturano fra l’autunno e l’inverno e vengono esportati per la loro qualità eccellente.

Prima della Pandemia ricordo con piacere la Sagra del Fico d’India di Castel Morrone in provincia di Caserta dove tra il 5 ed il 7 settembre si potevano mangiare i frutti ed i cannoli alla crema aromatizzati al Fico d’India.

Tra le curiosità che riguardano questa pianta c’è la Cocciniglia del Messico o la Cocciniglia del Carminio (Dactylopius cacti) un insetto dell’America Centrale che parassita il genere Opuntia. La femmina produce un liquido molto denso e colorato contenente acido carmico per avvolgersi e proteggersi dai predatori. Dall’esoscheletro dell’insetto macinato si può estrarre un colorante, il rosso carminio, utilizzato nell’industria alimentare e nella tintura dei tessuti oggi spesso sostituito da coloranti di origine sintetica.

Da oggi la Rubrica Di Verde in Verde sarà quindicinale e potrete scrivere alla redazione di Sabato Non Solo Sport (vincenzo.dinuzzo@libero.it) per ricevere utili consigli su come coltivare le vostre piante. Cercherò di rispondere a tutte le vostre email.