Rubrica Di Verde in Verde: Camminare in giardino con empatia, curiosità e lentezza.

di Addolorata Ines Peduto, Presidente GreenCare Caserta

 

Il Melograno, Melagrano o Pomo Granato

Si riteneva che il Melograno, classificato dal botanico e medico svedese Carlo Linneo con il nome scientifico  di Punica granatum, fosse originario dell’Africa settentrionale perchè punica indica la regione geografica dell’antica Cartagine, e granatum, che ha molti grani. Plinio il Vecchio, naturalista, scrittore e comandante militare romano chiamava il frutto malum punica, mela cartaginese. Oggi si protende per un’origine persiana dell’albero, in un’area che dall’Iran si estende fino alla catena himalayana.

La coltivazione del Melograno ed il consumo dei frutti è molto antico. Furono i Fenici, che lo consideravano un albero sacro, poi i Greci ed infine gli Arabi a diffonderlo lungo le coste del Mar Mediterraneo. I frutti erano presso gli Egizi simbolo di ricchezza, abbondanza e fertilità e venivano raffigurati sulle pareti delle tombe, come nella tomba di Ramses IV (dopo il 1165 a.C.), o lasciati all’interno delle stesse come nutrimento per i defunti una volta nell’aldilà. Nella necropoli di Paestum (Salerno), in località Salicelle, sulla parete di una sepoltura della prima metà del 400 a.C. è rappresentato un melograno e nel 2018 è stata riaperta al pubblico la “Tomba delle Melagrane” del IV e V secolo a.C. presente nel Parco Archeologico di Egnazia (Fasano-Brindisi), le cui pareti sono affrescate con motivi vegetali, rami di edera e melagrane.

Nella Bibbia il Melograno è citato come uno dei sette frutti della Terra Promessa. Nel Corano viene indicato come uno degli alberi del Paradiso e come un dono di Dio agli uomini.

Nel Medioevo e nel Rinascimento diventa il simbolo della Chiesa che unisce molti popoli e culture in una sola fede e sono tante le rappresentazioni pittoriche nelle quali è rappresentato come la Madonna della Melagrana di Sandro Botticelli del 1487 e la Madonna con la Melagrana (1508-1509) di Bernardino di Betto Betti, detto il Pinturicchio. C’è un santuario dedicato alla Madonna del Granato presso Capaccio-Paestum nel Cilento, su un promontorio che domina la piana del Sele e il golfo di Salerno, che ammiro ogni qual volta mi reco a Castel San Lorenzo, il paese dove nacquè il nonno paterno. Questa chiesa fu voluta dagli abitanti di Paestum, trasferitisi nella zona più salubre di Capaccio, ed edificata nella seconda metà del X secolo. Dal 1992 è un Santuario Mariano Diocesano. Al suo interno è custodita una copia dell’antica statua lignea della Madonna del Granato (XIV secolo) perduta nell’incendio sviluppatosi nella chiesa il 22 gennaio del 1918. La Vergine Maria seduta in trono stringe con la mano destra una melagrana e regge il Bambino Gesù in piedi sul lato sinistro. Numerosi studi di antropologia culturale hanno cercato un legame sia nell’iconografia che nei riti e nei simboli tra il culto cristiano della Madonna del Granato e il culto pagano della dea Hera argiva.

Nel V secolo a.C. fece la sua comparsa nella città di Poseidonia, fondata nella piana del Sele dai coloni greci provenienti da Sibari, una statua in terracotta che rappresentava la dea Hera argiva seduta in trono con copricapo e velo mentre stringeva con la mano destra una melagrana. Hera argiva era la dea della fertilità ed era regina degli dei, venerata come sorella e sposa di Zeus. La venerazione della dea Hera continuò dopo la conquista della città da parte dei lucani e dei romani che chiamarono la città rispettivamente Paistom e Paestum anche se il simbolo della melagrana non fu sempre associato all’immagine della dea ma piuttosto alla simbologia funeraria.

Nella coltura il melograno è un albero di dimensioni medie che può raggiungere un’altezza di massimo cinque metri e le sue radici sono nodose e di colore rossastro. Il fusto presenta rami rigidi e spinosi. Le foglie sono lucide e coriacee e prima di cadere in autunno inoltrato assumono una bella colorazione giallo oro. I fiori compaiono sui rami da fine maggio a luglio ed i petali sono di un bel rosso intenso.

Il frutto è una bacca di 6-12 cm, coriacea e sferica, somigliante a una mela, chiamata balausta o melagrana. All’interno troviamo diversi scompartimenti delimitati da un tessuto di colore giallino, non commestibile, che racchiudono i “grani” di colore rosso granata, contigui e commestibili.

I semi contenuti nei “grani” sono circondati da un arillo succoso. Il succo estratto dai “grani” ha sapore dolce e acidulo. Essi sono ricchi di vitamine (A, gruppo B, C e K). L’estremità apicale del frutto ha la forma di una coroncina, un residuo del calice fiorale. Una curiosità: dal nome del frutto chiamato anche “balausta” o “balausto” deriva il nome di balaustra perchè le colonnette che costituiscono il parapetto imitano la forma dei fiori ancora chiusi del melograno.

Nel Medioevo il vinum granatus, aromatizzato con il succo di melagrana, veniva offerto durante i banchetti di corte. Oggi con i “grani” si decorano le insalate, le macedonie ed i dolci.  Si preparano inoltre sciroppi, le famose granatine, conserve e gelatine.

La Rubrica Di Verde in Verde è quindicinale. Potete scrivere alla Redazione di Sabato Non Solo Sport (vincenzo.dinuzzo@libero.it) per ricevere utili consigli su come coltivare le vostre piante. Cercherò di rispondere a tutte le vostre email.