Riprende la Rubrica Di Verde in Verde: Camminare in giardino con empatia, curiosità e lentezza

di Addolorata Ines Peduto, Presidente GreenCare Care Caserta

Il Carrubo con i frutti dal sapore di cioccolato

Domenica scorsa passeggiando nella tenuta di un’antica masseria di Capua, dove ho festeggiato il battesimo della mia nipotina, ho scoperto un carrubo dalle dimensioni spettacolari. La chioma era ampia e ricca di foglie, piccoli fiori e frutti. I numerosi rami penduli toccavano quasi  terra e attraversandoli  si entrava in un luogo ombroso e riparato. La sensazione era di trovarsi in una piccola stanza segreta il cui unico arredo era una panchina di legno che, addossata al tronco massiccio, invitava a sedersi. Attraverso i rami filtravano a stento i raggi del sole, arrivato per fortuna dopo una mattinata carica di pioggia, e per terra nella penombra si scorgevano i frutti caduti, i legumi o lomenti, alcuni lunghi anche 15 cm, coriacei, schiacciati e leggermente incurvati di colore bruno-scuro e violaceo quasi nerastri. Le foglie smarginate all’apice con un breve peduncolo erano raggruppate in tre o sei coppie di foglioline che apparivano nella pagina inferiore di colore bianco verdastro mentre nella pagina superiore di colore verde molto scuro. I fiori minuti erano raccolti in grappoli penduli all’ascella delle foglie. Seduta sulla panchina ho pensato alla bellezza degli alberi e alle sensazioni di  benessere che ci donano.

Il nome scientifico del carrubo è Ceratonia siliqua dal greco kéras corno e téino proteso, corno proteso per il nome del genere se consideriamo la consistenza e la forma del frutto, mentre il nome della specie siliqua deriva dal latino baccello in riferimento sempre alla forma del frutto. All’interno dei frutti chiamati comunemente  carrube sono presenti 10 o 15 semi lucidi, duri e di colore bruno, appiattiti e convessi, commestibili ed utilizzati per l’alimentazione umana. Dai semi si ricava una farina usata come addensante o gelificante con il codice E410, farina di semi di carrube, che ha la capacità di assorbire acqua oltre 50 volte il suo peso. Inoltre dai semi viene estratta una gomma utilizzata nell’industria della carta e in quella tessile come appretto. La polpa delle carrube sostituisce spesso il cacao nella produzione di gelati e dolci per il suo sapore dolciastro e la sua consistenza pastosa dal sapore di cioccolato.
Inoltre la polpa non contiene sostanze eccitanti come la caffeina e la teobromina. Le carrube possono essere consumate come frutta secca ed hanno sfamato nei periodi di carestia o di conflitti intere popolazioni mediterranee. Sono utilizzate anche nell’alimentazione animale. I semi del carrubo sono chiamati carati dal nome greco delle carrube, keràtion. Essi presentano una unità di peso sorprendente, infatti ogni seme pesa 1/5 di grammo circa, e sin dai tempi antichi questa caratteristica li ha fatti diventare un ottimo contrappeso per le bilance per pesare l’oro ed altri preziosi. Per questo motivo il termine carato è diventato l’unità di misura utilizzato ancora oggi per i materiali preziosi. Il carrubo è un albero sempreverde originario del bacino meridionale del Mediterraneo orientale e dell’Asia Minore coltivato fin dai tempi antichi in tutti i paesi del Mediterraneo. Cresce spontaneo nel Sud Italia perchè preferisce le alte temperature e un habitat luminoso e soleggiato. Lo troviamo sia lungo le coste che fino a 600 metri di quota anche in suoli aridi e rocciosi spesso in consociazione con l’olivo con il quale forma gli oleo-ceratonieti caratteristici della macchia mediterranea di grande impatto visivo perchè si viene a creare un forte contrasto tra le chiome di diverso colore. È facile incontrarlo con altre specie della macchia mediterranea come il lentisco, il terebinto, il mirto, l’alaterno, l’ilatro, il corbezzolo. Inoltre il carrubo è utilizzato in associazione al Pino d’Aleppo nella ricostituzione di boschi costieri distrutti o degradati per la peculiarità di entrambi di crescere bene anche in terreni calcarei litoranei.  Uno dei patriarchi di questa specie vive nel Salento a Gallipoli presso la masseria Pacciana ed ha più di 500 anni.

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